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lunedì 7 gennaio 2013

A Dangerous Method: pillole di psicoanalisi.



In questi giorni Sky ha proiettato tra i vari film natalizi, anche A Dangerous Method di David Cronenberg. Così non mi sono fatta scappare l'occasione di rivederlo, per magari elaborarlo meglio...
Dunque l'impressione generale che il film lascia è che Cronenberg abbia perso la sua irruenza visiva per approdare al mondo della psicoanalisi con un tocco più leggero e meno provocatorio. 
La storia ci porta nel bel mezzo di una ingarbugliata situazione relazionale tra Jung, Freud e la paziente nonché futura psicoanalista S.Spielrein. 
L'idea è bella. Gli attori, neanche a dirlo, sono bravi, ma... cos'è che manca???
Ci si trova di fronte ad uno sguardo che non si può dire proprio oggettivo. Diciamo che sicuramente Cronenberg tende per Jung, e fin qui, niente in contrario, anzi. 
Devo dire che alla prima visione cinematografica, ero rimasta incantata. Mi aveva colpito l'idea di narrare vicende quasi personali che facessero però ben capire lo spirito e le idee dei personaggi. Come se l'umanità di Jung venisse fuori da questa pellicola in modo reale e non didascalico. Ci troviamo davanti ad un uomo che soffre e ama  e anziché fare di questi aspetti delle debolezze, li trasforma in materia di studio. La sua relazione con la paziente, ciò che c'è di più sbagliato in psicoanalisi, diventa trampolino per scoprire delle zone d'ombra dell'essere umano che possono essere non solo assecondate, ma trasformate in luce.
Questa cosa l'ho trovata geniale. Qui si vede il grande regista. 
Solo che rimane qualcosa...

In questo film è come se fosse quello che non c'è a pesare di più di quello che c'è. Mi viene da dire, bello, si, proprio bello, solo che non rimarrà uno di quei film da consigliare a tutti i costi o da rivedere quando si ha voglia di farsi del bene vedendosi una bella cosa.
La spiegazione che ho trovato, grazie alla seconda visione, è che alcuni aspetti che vengono accennati forse sarebbe stato meglio non citarli affatto, se non c'era modo di approfondirli adeguatamente. Il rapporto con la moglie? Orrido. Il rapporto con Freud? Superficiale. Mi sembra che Jung diventi spocchioso troppo presto; qui in realtà ci vedo lo zampino di una sceneggiatura che mostra in Jung una sicurezza di metodo che ancora non aveva acquisito. Mi sarei aspettata l'allontanamento dal mèntore più sofferto e elaborato. Anche se Viggo Mortensen  è incredibile nel rendere il personaggio enigmatico, scrutatore e silenzioso, è veramente pochino per l'uomo che comunque ha cambiato la storia della psicologia. Del lavoro di sperimentazione clinica e della trasformazione di S. Spielrein da paziente a dottoressa, poi, è detto troppo poco, peccato. 
Rimane, dopo questa seconda visione, la sensazione di trovarsi difronte ad un film che non prende il volo come avrebbe potuto. Manca una mezz'ora in più per approfondire aspetti che, quantomeno il pubblico europeo, avrebbe potuto apprezzare. Infatti c'è sempre questo aspetto da considerare dietro le produzioni. Chissà che il film non sia stato in qualche modo "alleggerito" per renderlo più accessibile...Ma, come al solito, facendo questo ci si perde sempre qualcosa per strada.
Nel complesso una sbirciatina comunque la merita, perché anche se un po' sotto tono, sempre di David Cronenberg stiamo parlando.


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